Il virus Sars-Cov2 ha avuto effetti stravolgenti sulle vite e sulle abitudini quotidiane di ognuno di noi, all’improvviso e in modo totalmente inaspettato. I rapporti sociali, il lavoro, la scuola, gli acquisti, in tutti questi aspetti della nostra quotidianità siamo stati travolti da uno shock repentino, niente è più come prima. Non si sa per quanto tempo il mondo sarà costretto a vivere in condizioni di incertezza: gli scienziati sono all’opera per studiare il virus, cure e vaccini sono in fase di studio e sperimentazione, ma potremmo dover aspettare diversi anni.
Ci viene chiesto, per la sicurezza della collettività, di riorganizzare le nostre vite per stabilire quella che molti definiscono una “nuova normalità”. Nel frattempo, non c’è altra scelta se non imparare a convivere con il rischio, introducendo cambiamenti nelle nostre abitudini, per tutelare noi stessi e le persone con cui si viene a contatto, nella speranza che i nostri comportamenti possano fare la differenza per contenere gli effetti della pandemia.

Quali sono i cambiamenti più significativi che dobbiamo affrontare ogni giorno?
Distanziamento sociale, mascherine, igiene delle mani e sanificazione, sono tra le parole più frequenti che compongono il vocabolario della vita quotidiana ai tempi della pandemia; sono le nuove regole, i nuovi compagni di viaggio in ogni attività della nostra giornata. La priorità di tutte le attività umane è diventata la difesa dal nuovo nemico invisibile, e la risposta a questa minaccia è affidata per buona parte ai comportamenti di ciascuno di noi.
Se mascherine, igiene e sanificazione creano qualche problema, il distanziamento sociale è la regola più dura e difficile da applicare e declinare, quella che realmente comporta un cambio profondo di passo, che ci costringe a ripensare le interazioni sociali e a modificare il nostro stile di vita, con effetti che si estenderanno nel lungo periodo.
Qualunque attività lavorativa va ripensata e riorganizzata. Per alcune tipologie di lavori l’introduzione repentina e massiccia del lavoro a distanza pare aver tamponato qualche criticità, per quanto con evidenti problemi nella gestione quotidiana: non banale la necessità della predisposizione degli strumenti di lavoro, quali rete internet disponibile, computer adeguati, collegamenti da remoto, utilizzo di sistemi di videoconferenza non sempre affidabili, oltre alla gestione fisica degli spazi casalinghi, improvvisamente sovraffollati, soprattutto nelle famiglie con figli impegnati a loro volta nella didattica a distanza. Per i lavori d’ufficio questa modalità lavorativa, governata con intelligenza e portata a regime, potrebbe portare vantaggi sia per i lavoratori che per le aziende, e razionalizzare l’organizzazione del lavoro.
Tuttavia, è sotto gli occhi di tutti il dramma di alcune tipologie di attività economiche, in particolare quelle maggiormente legate alla socialità, quali servizi, ristorazione, turismo e attività ludiche e ricreative che, secondo le leggi della domanda e dell’offerta, potrebbero essere destinate a scomparire, almeno nelle forme in cui le conosciamo, se non riescono a trovare il modo di adeguarsi rapidamente alla situazione. E sappiamo purtroppo che, se perdere il lavoro è estremamente facile, trovarne uno nuovo o addirittura reinventarlo è di gran lunga più difficile.
A cambiare in maniera repentina, per effetto dei vincoli, è la domanda: parlando di turismo, ad esempio, non saranno in molti a trascorrere una tradizionale vacanza in albergo, per paura di essere esposti al contagio, così come il teatro, il cinema o lo sport non avranno lo stesso appeal, ma saranno fonte di preoccupazioni. Certo, esistevano settori che stavano già cambiando, l’e-commerce ad esempio aveva iniziato a mettere in crisi molte attività commerciali tradizionali, ma con effetti sul mercato più graduali. Ora però lo shock della pandemia ha accelerato brutalmente il cambiamento, tanto da mettere a dura prova anche i giganti del commercio on line, inizialmente impreparati anch’essi a gestire l’impennata delle richieste di consegne a domicilio.
In questo quadro di nuovi vincoli, di modifica profonda delle interazioni sociali, per rimanere sul mercato le aziende sono costrette a ripensare la loro attività, a trovare soluzioni alternative. Naturalmente il Governo in questo ha un ruolo e una responsabilità fondamentali, che sono quelli di accompagnare e sostenere economicamente le innovazioni indispensabili, predisporre le infrastrutture necessarie e rendere la normativa che regola le attività economiche più adeguata all’espressione della libera attività imprenditoriale.

Un altro ambito investito da cambiamenti inaspettati è il mondo della scuola, che ha dovuto servirsi senza la dovuta preparazione della didattica a distanza. Dall’oggi al domani, le scuole hanno cercato di adeguare le proprie strutture e modalità didattiche per garantire la continuità nell’istruzione, con evidenti difficoltà sia per i docenti che per gli studenti. Le difficoltà sono numerose: non tutte le famiglie dispongono di strumenti informatici adatti, tablet o pc, o di un’adeguata connessione internet, per cui molti studenti non sono stati neanche raggiunti dalla didattica a distanza. Non tutti gli studenti hanno la stessa capacità di concentrazione nelle lezioni a distanza piuttosto che in presenza. In particolare per i più piccoli, peraltro, le lezioni a distanza si sono rivelate spesso impraticabili. È aumentata, in sostanza, la “distanza” dei ragazzi dalla scuola. Molti docenti, dal canto loro, non sono stati in grado di gestire la tecnologia e la diversa dinamica dell’insegnamento a distanza, utilizzandola come un mero surrogato della lezione in presenza, con tutti i limiti del caso. La crisi sanitaria in corso ha riproposto prepotentemente l’esigenza di un profondo cambiamento nella scuola, troppo statica e arretrata non solo per fronteggiare eventi di questa portata, che comunque hanno messo a dura prova anche le organizzazioni più dinamiche, ma anche solo per rimanere al passo con l’evoluzione tecnologica, culturale e sociale dei nostri tempi. Che sia il frutto di politiche sbagliate nella scuola degli ultimi decenni?

In questi importanti cambiamenti nella nostra vita quotidiana, due parole chiave possono sostenerci nell’affrontarli: autocontrollo e responsabilità sociale.
Autocontrollo inteso come capacità di accettazione dei vincoli imposti dalla lotta contro il virus e di adattamento consapevole agli stessi, basato sull’accettazione della scienza come forma più efficace di conoscenza dell’ambiente naturale e sociale.
Responsabilità sociale nel senso di impegno personale ad affrontare le difficoltà generate dai vincoli esterni, prendendone atto senza scaricare le responsabilità sugli altri, sentendosi liberi da ogni dovere. Assistiamo continuamente a fenomeni di individualismo e disprezzo delle regole, anche quelle elementari che ci potrebbero salvare la vita (mascherine sì, mascherine no). Dovrebbe esserci più chiaro che comportamenti individuali virtuosi portano anche benefici collettivi.
Possiamo limitare i danni prodotti da questa grave pandemia se siamo tutti uniti e assumiamo tutti comportamenti responsabili. Quanto siamo preparati, come singoli individui e come cittadini, ad incorporare nei nostri comportamenti quotidiani queste attitudini? Quanti di noi sono in grado di affrontare i fattori di rischio limitando i nostri comportamenti, e adattando di conseguenza il proprio stile di vita? Spesso rimanere nell’ambito delle nostre abitudini ci tranquillizza, ma il coronavirus ha purtroppo dimostrato che il mancato adattamento alle nuove regole, soprattutto al distanziamento sociale, produce grave danno per l’individuo e per la collettività.

Ma quindi chi deve fare cosa? Qualche suggerimento, più per aprire un dibattito che per dare soluzioni: tutti, ognuno secondo le proprie responsabilità, attivando una catena virtuosa di comportamenti.
Chi ha responsabilità politiche e amministrative dovrebbe operare scelte che contemperino i vari interessi pubblici coinvolti, formulando regole comprensibili e assicurandone il rispetto, sostenendo le attività economiche in sofferenza e tutti coloro che dalla crisi sono colpiti più duramente, rafforzando i settori della sanità, scuola e ricerca. 
Chi ha responsabilità produttive, tanto gli imprenditori quanto i lavoratori, dovrebbe collaborare affinché l’ambiente di lavoro sia compatibile, per quanto possibile, col proseguimento dell’attività economica.
Chi ha responsabilità educative dovrebbe porre in essere modalità didattiche più flessibili e mirate, nella consapevolezza dell’importanza che nessuno resti indietro: sulla capacità di raggiungere tutti si gioca l’istruzione e la formazione delle nuove generazioni; coinvolgere a tutti gli effetti i bambini e i ragazzi nella comprensione e rispetto delle regole.
Chi ha la responsabilità di informare, tanto coloro che forniscono quanto coloro che diffondono le notizie, dovrebbe realizzare processi comunicativi più prudenti e verificati, evitando l’esposizione mediatica e la conflittualità, e non alimentando l’ansia e la confusione.
Chi ha la responsabilità di cittadino (cioè tutti noi) dovrebbe assumere comportamenti individuali compatibili con gli interessi della collettività di cui egli stesso fa parte. Nessuno escluso.